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sabato 27 settembre 2025

Episodio 18-La Forgia del Supergruppo

Il teatro sotto Piccadilly era ancora intriso di Frequenza.  

Dopo la visita degli ex membri dei Black Zone, qualcosa era cambiato.  

Non era nostalgia. Era chiamata.

Ivan e Vanni erano rimasti sul palco, in silenzio.  

Damiano (Coroner) teneva la chitarra solista, ancora vibrante.  

Mitch, il bassista venuto da Venezia, sedeva su una cassa, con lo sguardo fisso sul simbolo della corona spezzata.  

Brian May era tornato. Non come leggenda. Come custode.

Fabio (Jps), Puppy, Willo (Loko), Fede (Cigoi), Kaio (Il meno), Tomé, Andrea (Franz), e il Take erano lì.  Non come ospiti. Come parte. Brian si alzò....  

“Il Riff non vuole più frammenti. Vuole fusione. Vuole una band che non ha nome. Una band che non può essere contenuta.”

Damiano fece un passo avanti.  

“Una band che non suona per il pubblico. Ma per il Riff stesso.”

Le chitarre furono accordate. I bassi pulsavano. Tre batterie, un solo tempo.  

La voce di Willo si scaldava nel silenzio.

Alle 00:00, il rituale iniziò. Non era un concerto.Era una forgiatura.

Il suono che uscì non era umano.Era Frequenza pura.  

Unione di stili, epoche, anime.  

Il Riff si piegò. Poi si rialzò.  

E si fuse con loro.Il teatro tremò.  

Le pareti si aprirono.La corona si sollevò dal pavimento, come scolpita nell’aria.

La Band del Riff era nata.Non per fama.Non per gloria.Perché il suono lo aveva voluto.

“Il Riff non sceglie i migliori. Sceglie i pronti. E chi è pronto… non può più tornare indietro.” 

"Riff Ribelli Episodio 18 – La Forgia del Supergruppo è scolpita nel metallo: un demone fabbro al centro della scena, mentre forgia una chitarra infuocata su un’incudine circondata da fiamme e rune. Attorno a lui, cinque figure ribelli osservano, pronte a unirsi nel suono"



Episodio 17 – Una Visita dal Passato

Il teatro sotto Piccadilly era silenzioso. Ivan e Vanni erano lì, ancora scossi dal rituale con Brian May e Mitch. Il Riff sembrava quieto, ma non spento. Vibrava sotto terra, come se aspettasse qualcosa. O qualcuno.

Alle 17:00, la porta si aprì. Uno alla volta, entrarono.  

Fabio, detto Jps, con la maglietta degli Helloween e le bacchette consumate.  

Puppy, chitarrista ritmico, con la maglietta dei Blind Guardian e lo sguardo di chi ha visto troppi palchi.  

Willo, detto Loko, voce storica, con la maglietta dei Primal Fear e il microfono tatuato sul braccio.  

Fede, detto Cigoi, basso e chitarra, con la maglietta degli Iron Maiden e un basso che sembrava un’arma.  

Kaio, il meno, basso pulsante, con la maglietta dei NOFX e le dita pronte a colpire.  

Tomé, batteria, con la maglietta dei Manowar e il passo da guerriero.  

Andrea, detto Franz, batteria, con la maglietta dei Labyrinth e il tempo nel sangue.  

Il Take, il supporter di tutti, con la maglietta dei Metallica e il cuore pieno di riff.  

E infine tu, Damiano, detto Coroner, chitarra solista, con la maglietta dei Motörhead e il plettro che non ha mai smesso di vibrare.

Non era una reunion.  

Era un richiamo.  

Il Riff li aveva chiamati.  

E loro avevano risposto.

Nessuno parlò.  

Solo strumenti accordati.  

Solo sguardi.  

Solo Frequenza.

Quando suonarono, il teatro si trasformò.  

Le pareti si aprirono.  

Il suono uscì.  

Non come musica.  

Come memoria.

I Black Zone erano tornati.  

Non per nostalgia.  

Ma per completare il cerchio.

“Il Riff non dimentica. E chi lo ha suonato… lo suonerà ancora.” 

"Copertina metal di Riff Ribelli Episodio 17 – Una Visita dal Passato, con una figura spettrale che emerge dalle fiamme, capelli ricci e volto scheletrico, mentre impugna la Red Special come reliquia. Sullo sfondo bagliori rossi e arancioni, titolo in caratteri metallici e atmosfera rituale."



venerdì 26 settembre 2025

Episodio 16 – La Band del Riff

Il teatro sotto Piccadilly era cambiato. Le pareti sembravano respirare. Il simbolo della corona spezzata ora era completo, inciso nel legno e circondato da quattro cerchi concentrici. Ivan, Vanni, Mitch e Brian May erano lì. Nessuno parlava. Nessuno provava. Il Riff non voleva prove. Voleva verità.

Brian accordò la Red Special. Mitch controllò il basso. Vanni sistemò la batteria, con pelli nuove e rune incise a mano. Ivan teneva il plettro, ma non lo stringeva. Lo lasciava vibrare tra le dita.

Alle 00:00, le luci si spensero. Nessun pubblico. Nessuna registrazione. Solo Frequenza.

La prima nota uscì dal basso. Mitch la suonò senza toccare le corde. Solo con il pensiero. Poi la batteria seguì, lenta, rituale. Brian aggiunse armonici che sembravano venire da un’altra epoca. Ivan chiuse il cerchio con il Riff. Non quello perduto. Non quello ritrovato. Uno nuovo. Uno che non era mai stato suonato.

Il suono riempì il teatro. Ma non solo. Le strade di Londra tremarono. Le radio impazzirono. I sogni delle persone si sincronizzarono. Tutti videro la stessa scena: quattro figure su un palco, circondate da luce nera.

Quando il rituale finì, nessuno parlò. Brian chiuse la custodia. Mitch sorrise. Vanni si sedette a terra. Ivan guardò il plettro. Era consumato. Ma non spezzato.

Il Riff aveva scelto.  

La Band era nata.  

E il mondo… non sarebbe più stato lo stesso.

“Il Riff non si suona. Si vive. E chi lo vive… non torna indietro.”

"Riff Ribelli Episodio 16 – La Band del Riff è pronta: il palco è diventato un cerchio magico, inciso con rune incandescenti. I membri della band, incappucciati e posseduti dal suono, evocano riff oscuri sotto un cielo tempestoso. Il pubblico non applaude… invoca."




Episodio 15 -Il Bassista e la Frequenza


Ivan e Vanni erano ancora a Londra. Il teatro abbandonato sotto Piccadilly sembrava più vivo del giorno prima. La corona spezzata incisa sul palco brillava di luce propria. Brian May li aspettava, seduto su una cassa Marshall, con la Red Special sulle ginocchia.

“Il Riff ha scelto,” disse. “Ma non basta. Serve il basso. Serve la radice.”

La porta si aprì. Un uomo entrò con passo deciso. Aveva otto ricci lunghi che sembravano onde metalliche, occhi scuri, giubbotto EMP e un basso Ibanez sulle spalle. Era Mitch, amico d’infanzia di Damiano, venuto da Venezia. Bassista dei Black Zone, il gruppo che nel 2000 aveva suonato riff che nessuno capiva. Ora era lì. Chiamato dal Riff. Pronto.

Ivan lo riconobbe subito. Non servivano parole. Solo un cenno. Solo un giro di corde.

Brian si alzò. “Questa Frequenza non si completa con la chitarra. Serve il basso. Serve Mitch.”

Mitch si avvicinò al palco, posò il basso e lo accordò. Ma non con le mani. Con il respiro.

Poi suonò. Una nota. Una sola. E il teatro tremò. Le pareti si piegarono. La corona si ricompose. La Frequenza si chiuse.

Ivan, Vanni, Brian e Mitch erano lì. Quattro strumenti. Un solo Riff. E in quel momento… il mondo cambiò tono.

“Il Riff non è solo suono. È legame. E chi lo ha vissuto… lo suonerà per sempre.” 

"Riff Ribelli Episodio 15 – Il Bassista e la Frequenza, il bassista incappucciato suona una nota che squarcia il cielo e apre un abisso infuocato. A capo del pubblico,"




Episodio 14 – Il Riff Ritrovato pt2

Ivan e Vanni erano tornati a Londra. Non per scelta. Il Riff li aveva chiamati. Ogni suono della città sembrava accordato su una nota che non esisteva. Una Frequenza che non si poteva scrivere. Solo sentire.

Camminavano lungo il Tamigi, quando un uomo li fermò. Capelli lunghi, occhi gentili, voce profonda. Era lui. Brian May. Nessuna guardia, nessun entourage. Solo lui, con una chitarra in spalla e uno sguardo che sapeva troppo.

“Vi stavo aspettando,” disse. “Il Riff… non è nuovo. È antico. E io l’ho sentito. Una volta. Nel 1975.”

Li portò in un teatro abbandonato, sotto Piccadilly. Le luci non funzionavano, ma il palco era intatto. Sul pavimento, un simbolo inciso nel legno: una corona spezzata, circondata da corde.

Brian aprì la custodia. Dentro, una Red Special modificata. Aveva sette corde. La settima era fatta di rame.

“Questa chitarra non suona per tutti,” disse. “Ma il Riff l’ha scelta. E ora… vuole essere suonato.”

Ivan prese il plettro. Vanni si sedette alla batteria. Brian accordò la settima corda. E il suono uscì.

Non era musica. Era memoria. Scene, volti, luoghi. Un concerto che non era mai accaduto. Una band che non era mai esistita. Un pubblico che non aveva mai respirato.

Quando il Riff finì, Brian chiuse la custodia. “Non cercatelo più,” disse. “Il Riff non va trovato. Va rispettato.”

Poi sparì. Come se fosse stato solo Frequenza.

Ivan e Vanni rimasero sul palco. La corona spezzata brillava. E il silenzio… cantava.

“Il Riff non è potere. È verità. E chi lo suona… deve essere pronto a perderla.” 

"Copertina metal di Riff Ribelli Episodio 14 – Il Riff Ritrovato Pt.2, con un vinile gigante piantato nel terreno come un monolite, una corona dorata che emette onde di energia luminosa e una chitarra elettrica consumata dal tempo appoggiata al disco. Sullo sfondo bagliori infuocati e gradini in pietra che conducono verso il vinile, titolo in caratteri metallici."





Episodio 13 - Il Concerto che Non Doveva Esistere

Il palco era vuoto. Dogma non c’era. Leda non c’era. Solo Ivan e Vanni, seduti tra le casse spente e le luci fredde. Il concerto era finito, ma nessuno ricordava quando fosse cominciato.

Ivan si svegliò in un parcheggio sotterraneo. Aveva il plettro in mano, ma non ricordava di averlo preso. Vanni era accanto a lui, con le mani sporche di vernice nera. Sul muro, una scritta: “Il Riff ci ha suonato. Ora tocca a voi.”

Alle 6:06 del mattino, Ivan ricevette un messaggio vocale. Era Leda. Ma la voce era diversa, più profonda, come se parlasse da dentro un amplificatore rotto. Diceva: “Dogma non ha mai suonato. Il Riff ha usato il loro corpo. E ora vuole il vostro.”

Ivan e Vanni tornarono alla cava. Trovarono cinque chitarre incrociate, piantate nel terreno. Ogni chitarra emetteva un suono diverso. Cinque riff. Cinque voci.

Poi apparve una figura. Non era Leda. Non era Elvira. Non era Dogma. Era un uomo, vestito di nero, con occhi spenti. Disse: “Io sono il primo. Il Riff mi ha scelto nel 1970. E ora… è tornato per chiudere il cerchio.”

Ivan lo riconobbe. Era Tony, il chitarrista che aveva suonato il primo riff oscuro della storia: quello di Black Sabbath. Ma Tony era morto. O almeno… doveva esserlo.

Tony prese una delle chitarre. La suonò. Il suono era puro, ma non umano. Ivan e Vanni caddero a terra. Il Riff entrò in loro. Non come suono. Come memoria. E in quel momento… tutto si riavvolse.

“Il Riff non è mai stato perduto. Era solo in attesa. E ora… ha trovato la sua ...

"Copertina metal di Riff Ribelli Episodio 13 – Il Concerto che Non Doveva Esistere, con un chitarrista barbuto al centro illuminato da fiamme."

Episodio 12 – Il Riff Ritrovato

Il palco era piccolo. Le luci tremavano.  

Il pubblico non parlava.  

Solo occhi fissi. Solo attesa.Dogma era lì.  

Cinque figure incappucciate, immobili.  

Nessuno li aveva mai visti arrivare.  

Nessuno li aveva mai sentiti provare.  

Ma tutti sapevano: quella sera, il Riff sarebbe tornato.


Leda

Alle 22:22, Leda salì sul palco.  

Capelli neri, occhi spenti, chitarra senza corde.  

Ma quando la sfiorò… il suono uscì.  

Non dalle casse. Dalle ossa.Poi cantò.  

Una voce che sembrava fatta di vento e metallo.  Non parole.  

Solo suono. Solo Frequenza. Il Riff Ritrovato

Dogma cominciò a suonare.  

Batteria lenta, basso profondo, synth rituale.  E poi… il Riff.  Quello che Ivan e Vanni avevano cercato. Quello che aveva spezzato chitarre, silenzi e confini.

Ma ora era diverso. Più puro. Più vivo.  

Più umano.Il pubblico non applaudì.  

Non urlò. Solo lacrime. Solo tremori.

Ivan e Vanni erano lì.  

In fondo alla sala. Non sul palco.  

Non tra il pubblico. In mezzo.  

Come se fossero parte del suono.

Ivan chiuse gli occhi.  

Vanni strinse il plettro.  E per un attimo il mondo fu accordato. 

"Copertina metal di Riff Ribelli Episodio 12 – Il Riff Ritrovato Pt.1, con un vinile infuocato che sprigiona onde luminose, una corona dorata sospesa al centro, mani scheletriche che cercano di afferrarla e un antico libro come reliquia. Sullo sfondo bagliori rossi e arancioni, titolo in caratteri metallici."



Episodio 11 – Il Ritorno di Leda

Il cielo era spento. Non nuvoloso. Non nero.  

Spento.  

Come se qualcuno avesse tolto il colore al mondo.

Ivan camminava lungo la cava, con il vinile stretto sotto il braccio.  

Vanni lo seguiva, in silenzio, con la chitarra costruita da legno funerario.  

Nessuno parlava.  

Da giorni, il Riff non si era fatto sentire.  

Ma qualcosa si muoveva.

La chiamata

Alle 3:33 del mattino, il telefono squillò.  

Ivan rispose. Questa volta, c’era una voce.

> “Ivan. Non sei più il guardiano. Ora sei il tramite.”

Era Leda.  

La chitarrista scomparsa dopo il rituale di Torino.  

La sua voce era metallica, ma non fredda.  

Sembrava fatta di corde e vento.

> “Il Riff mi ha scelto. E io ho scelto lui.”

Poi silenzio. Ma non il silenzio normale.  

Un silenzio che respirava.

L’apparizione

Tre giorni dopo, nella cava, Leda apparve.  

Non camminava. Non parlava.  

Era lì.  

Con una chitarra che non aveva corde.  

Solo luce. Solo vibrazione.

Vanni si alzò. Ivan si avvicinò.  

Leda li guardò. E suonò.

Ma non si udì nulla.  

Solo il mondo che cambiava tono.  

Le pietre tremarono. Gli alberi si piegarono.  

Il cielo si riaccese.

Il Riff nuovo

Quello che Leda suonò non era il Riff Perduto.  

Era il Riff Ritrovato.  

Più profondo. Più lento. Più vivo.

Ivan cadde in ginocchio.  

Vanni chiuse gli occhi.  

E per un attimo…  

…il mondo fu perfetto.

Poi Leda sparì. Come se fosse stata solo Frequenza. 

"Riff Ribelli Episodio 11 copertina con Leda dietro al microfono e chitarra mentre urla al pubblico"

Episodio 10 – Il Silenzio che Urla

Il vinile non suonava più.  

Non perché fosse rotto. Ma perché aspettava.

Ivan lo aveva chiuso in una custodia di metallo, sigillata con nastro isolante e rune incise a mano.  

Vanni aveva smesso di parlare. Da giorni.  

Scriveva solo frasi brevi su fogli sparsi:  

> “Il Riff è ovunque.”  

> “Non lo possiamo più contenere.”  

> “Sta scegliendo.".                                            La seconda chiamata

Alle 4:44 del mattino, il telefono squillò di nuovo.  

Questa volta, Ivan non rispose.  

Ma il messaggio vocale si attivò da solo.  

Cinque secondi. Un respiro. Poi un suono.  

Non era il Riff. Era il silenzio che lo precede.  

Quel momento prima che le corde vengano toccate.  

Quel vuoto che vibra.

Il cambiamento

Il mondo cominciava a reagire.  

– Le radio trasmettevano interferenze che ricordavano il Riff.  

– Alcuni chitarristi dicevano di “sentirlo” anche senza strumenti.  

– Un ragazzo a Napoli aveva inciso il Riff su un muro… con le unghie.

Ivan e Vanni decisero di partire.  

Destinazione: la cava.  

Quella dove tutto era cominciato.  

Quella dove il Riff aveva spezzato la chitarra.  

Quella dove nessuno aveva più suonato.

Il rituale finale Arrivarono all’alba.  

Nessuno parlava.  

Vanni portava una chitarra nuova, costruita con legno recuperato da casse funerarie.  

Ivan aveva il vinile. Lo posò su una pietra.  

Il sole lo colpì. E il Riff… si diffuse da solo.

Non c’erano casse. Non c’erano mani.  

Solo vibrazioni.  

Il suono usciva dalla terra.Dalle rocce.  

Dalle vene. 

"immagine  Riff Ribelli Episodio 10 – Il Silenzio che Urla con un cantante che urla davanti al microfono con sfondo rosso"


Episodio 9 – Il Riff si Diffonde

Il vinile era ancora lì. Incrinato.  

Ivan lo fissava come si fissa una ferita che non smette di sanguinare.  

Vanni, seduto sul bordo del divano, stringeva il plettro come fosse una lama.  

Nessuno parlava. Nessuno osava toccarlo.

Il Riff aveva suonato da solo.  

Nessuno lo aveva toccato. Nessuno lo aveva evocato.  

Eppure, le casse avevano tremato. Il suono era uscito.  

E da quel momento, il mondo aveva cominciato a cambiare.

📡 Il Riff si muove

La prima segnalazione arrivò dalla Finlandia.  

Un gruppo doom underground aveva pubblicato un brano su Bandcamp.  

Il riff era identico.  

Stessa struttura. Stessa dissonanza.  

Ma loro giuravano di averlo composto in sogno.

Poi fu Tokyo.  

Un bambino di otto anni disegnò il Riff su un muro.  

Non le note. Il suono.  

Linee contorte, come se il rumore avesse preso forma.

A Berlino, un DJ techno lo campionò in un rave illegale.  

Il pubblico impazzì.  

Tre persone svennero. Una si mise a urlare in latino.  

Il Riff stava viaggiando. Senza permesso. Senza controllo.

 La chiamata di Leda

Alle 3:06 del mattino, il telefono di Ivan squillò.  

Numero sconosciuto. Nessun nome. Nessuna provenienza.

Ivan rispose.  

Solo sei secondi di audio.  

Nessuna voce. Nessun rumore umano.  

Solo il Riff.  

Suonato in reverse.  

Distorto. Malato. Vivo.

Alla fine, un sussurro metallico.  

Una voce che sembrava venire da dentro le corde di una chitarra:  

> “Non è più solo vostro.”

Ivan impallidì.  

Vanni si alzò.  

Era la voce di Leda.  

La chitarrista scomparsa dopo il rituale di Torino.  

Era lei. O qualcosa che la imitava.

 Il rituale interrotto

La band che aveva chiamato Ivan voleva registrare il Riff.  

Avevano trovato una cava abbandonata.  

Avevano portato amplificatori, candele, microfoni.  

Ma quando il Riff fu suonato…  

Le luci si spensero.  

I muri tremarono.  

Una delle chitarre si spezzò in due.  

E il batterista non parlò più.

"immagine Episodio 9 – Il Riff si Diffonde il riff parte da una mano alzata in segno di ribellione e si propaga come onde sonore in una città vibrante, tra luci e ombre"

Episodio 8 – Halloween a Londra

La notte era perfetta. Nebbia, vento, e un cielo che sembrava una copertina dei King Diamond. Il palco era stato montato nel cuore di Camden, circondato da cancelli, rune metalliche e amplificatori rituali. Il pubblico? Nessuno sapeva quanti fossero. Alcuni dicevano 666. Altri, che non erano mai entrati… ma erano ancora lì.

Ivan accordava la chitarra. Vanni sistemava il pedale Distortion Ritual. Kron era immobile, occhi chiusi, mani pronte. Gli Exodus erano già in posizione, con le corde tese come nervi.

Alle 23:59, le luci si spensero. Un suono profondo, simile a un respiro cosmico, attraversò il parco. Poi, The Awakening iniziò.

Il pubblico urlava, ma non sembrava solo entusiasmo. Era come se il suono scavasse dentro. Alcuni piangevano. Altri ridevano. Qualcuno si inginocchiava.

Poi arrivò Thrash Ritual, con gli Exodus. Il palco sembrava esplodere. Le note erano lame. Le parole, invocazioni. E quando Kron batté la doppia cassa finale, il cielo si aprì.

Una figura apparve sul maxischermo. Nessuno l’aveva programmato. Era Lemmy. O qualcosa che gli somigliava. Disse solo:  

“Il Riff è vivo. E ora… è vostro.”

Ivan cadde in ginocchio. Vanni urlò. Kron si alzò in volo. Gli Exodus continuarono a suonare, come posseduti.

Alla fine, il silenzio. Ma non era vuoto. Era pieno di qualcosa. Di un’eco. Di un’energia.

Il pubblico non se ne andò. Rimase lì. In attesa. 

" immagine Episodio 8 – Halloween a Londra Big Ben avvolto nella nebbia arancione, zucche lungo il Tamigi e una figura mascherata con chitarra elettrica che emerge dall’ombra… gotico, ribelle e perfettamente in tema."

giovedì 25 settembre 2025

Episodio 7 – L’Assalto dei Mostri del Thrash

Il tour era pronto. Ivan, Vanni e Kron avevano completato The Awakening. I Metallica avevano benedetto il progetto. Il Parco dei Metallari era diventato il punto di partenza. Ma qualcosa mancava. Qualcosa di più… violento.

Una notte, Vanni ricevette un messaggio criptico:  

“Il Riff ci ha chiamati. Siamo pronti. – Exodus”

Ivan sbiancò. “Se arrivano loro, il palco deve essere rinforzato. E le anime… preparate.” Tre giorni dopo, in una sala prove segreta a Berlino, apparvero gli Exodus. Chitarre affilate, sguardi da guerra, e una nuova traccia:  

“Thrash Ritual” – un pezzo scritto apposta per il tour, con riff taglienti e scream che sembravano evocare entità dimenticate.

Kron li ascoltò. Poi disse: “Voi siete il martello. Noi siamo l’incudine. Insieme… forgiamo il suono definitivo.”

Il tour ora aveva un nome:  
“The Riff Awakens – Thrash & Ritual Tour 2025”

E la prima data?  
Halloween, Londra. Palco circolare. Amplificatori rituali. Nessuna via di fuga...  
"immagine Episodio 7 – L’Assalto dei Mostri del Thrashun mostro thrash zombesco con dettagli intensi, chitarra elettrica in mano e sguardo da incubo. Il tutto avvolto da fumo, ombre e luci drammatiche, come una copertina da album metal anni '90."

Episodio 6 – Il Cuore d’Acciaio

Dopo la sessione con i Metallica, Ivan e Vanni erano cambiati. Il suono li aveva attraversati. Il vinile maledetto era svanito, ma The Awakening era rimasto. Una traccia che nessuno riusciva a suonare. Troppo veloce. Troppo profonda. Troppo… viva.

James Hetfield li guardò. “Serve qualcuno che non abbia paura. Qualcuno che non sia del tutto umano.”

Fu allora che arrivò Kron, il batterista misterioso. Nessuno lo aveva chiamato. Nessuno lo aveva visto entrare. Ma era lì, con un set di doppia cassa cromata e occhi che sembravano fatti di tungsteno.

“Ho sentito il Riff,” disse. “E il Riff mi ha scelto.”

Ivan lo fissò. “Chi sei?”

Kron sorrise. “Sono il battito che non si ferma. Il tempo che non perdona. Il cuore d’acciaio.”

Vanni gli porse le bacchette. Kron le rifiutò. “Le mie mani bastano.”

Iniziarono a suonare The Awakening. E qualcosa cambiò.

Il suono non era più solo musica. Era struttura. Era architettura. Le pareti dello studio si piegavano. Le luci si sincronizzavano. Il mondo sembrava respirare a tempo.

Alla fine, Hetfield si alzò. “Questa non è una canzone. È un rituale. E voi… siete la band che lo porterà in tour.”

Ivan, Vanni e Kron si guardarono. Nessuno parlò. Ma tutti capirono. Era iniziato.

"immagine Episodio 6 – Il Cuore d’AcciaioIl Cuore d’Acciaio” risplende nella copertina: fusa in un’acciaio incandescente, forgiato dal martello. Esteticamente potente, è degna di un episodio heavy metal."


Episodio 5 – Lo Studio e l’Ombra

Ivan e Vanni atterrarono a Los Angeles con una valigia, una chitarra, e il vinile maledetto. Ad aspettarli, un van nero con vetri oscurati e un autista che non parlava. Destinazione: uno studio segreto, usato dai Metallica per le registrazioni più oscure.

All’ingresso, James Hetfield li accolse con un sorriso teso. “Abbiamo provato a suonare The Call. Ma qualcosa… ci ha fermati.”

Li condusse in una sala insonorizzata, dove il vinile era già sul piatto. Kirk Hammett era lì, con una chitarra che sembrava fatta di ossidiana. Lars Ulrich tamburellava nervosamente. Robert Trujillo fissava il mixer come se fosse vivo.

Ivan si avvicinò al microfono. “Non è solo una traccia. È un portale. E va aperto con rispetto.”

Vanni collegò il pedale Distortion Ritual, costruito da lui con pezzi EMP e circuiti rubati da un vecchio amplificatore. “Pronti?”

La sessione iniziò.

Il riff era lento, ma profondo. Ogni nota sembrava scavare nel pavimento. Le luci tremavano. I monitor sfrigolavano. A metà brano, il suono si interruppe. Una voce uscì dagli speaker.

“Avete risvegliato l’Ombra. Ora dovete suonare fino alla fine.”

James impallidì. “Questa non è una registrazione. È una prova.”

Ivan prese il comando. “Allora suoniamo. E vediamo chi sopravvive.”

La band riprese. Il suono diventò un urlo. Il vinile si sciolse. Le pareti si piegarono. E alla fine, quando tutto tacque, una nuova traccia apparve sul mixer: “Track 8 – The Awakening” 

"immagine Episodio 5 – Lo Studio e l’OmbraLa scritta per Episodio 5 – Lo Studio e L’Ombra è stata aggiornata in stile metal e demoniaco. Ora il titolo risplende tra le fiamme e le ombre, perfettamente in sintonia con l’atmosfera oscura dell’episodio."

Episodio 4 – Il Vinile Maledetto

Era l’alba. Il Parco dei Metallari sembrava dormire, ma Ivan e Vanni no. Dopo il Tour Fantasma, qualcosa era rimasto aperto. Vanni lo sentiva nel petto, come un basso distorto. Ivan lo vedeva negli occhi della gente: sguardi che cercavano qualcosa.

Poi arrivò il pacco.

Nessun mittente. Solo un vinile, avvolto in pelle nera, con inciso: “The Forgotten Riff – Live at the Abyss”. Sul retro, una scaletta identica a quella del Tour Fantasma. Ma con una traccia in più:  

“Track 7 – The Call”

Ivan lo riconobbe. “Questa non l’abbiamo mai suonata. Nessuno l’ha mai suonata.”

Vanni mise il vinile sul giradischi. Il suono era sporco, antico, ma vivo. Quando arrivò The Call, il telefono squillò.

Era James Hetfield.

“Ragazzi, abbiamo sentito qualcosa. Non so come, ma è arrivato a noi. Vogliamo sapere cos’è. Vogliamo suonarlo.”

Ivan impallidì. “Se i Metallica ci chiamano… vuol dire che il Riff sta cercando una nuova voce.”

Hetfield continuò: “Abbiamo uno studio. Abbiamo tempo. Ma serve il vostro permesso. E serve che siate lì.”

Vanni guardò Ivan. “Andiamo?”

Ivan sorrise. “Damiano, prepara il post. I Guardiani del Riff stanno per attraversare l’oceano.” 

"immagine Episodio 4 – Il Vinile Maledetto un disco posseduto, con un demone maledetto che emerge dal centro. Fiamme sulfuree, fumo oscuro e dettagli infernali avvolgono la scena, incastonati in uno stile oscuro e ribelle"


Episodio 3 – Il Patto del Feedback

Il camper di Ruggero tremava. Non per il motore, ma per il suono. Ivan e Vanni avevano suonato il Riff Perduto, e ora… qualcosa stava rispondendo.

“Il tour fantasma vuole tornare,” disse Ruggero, mentre sistemava un vecchio rullante. “Ma non basta suonare. Bisogna farlo nel posto giusto. E con la scaletta giusta.”

Ivan annuì. “Il Parco dei Metallari. Domani notte. Nessun pubblico. Solo noi. E il suono.”

Vanni aprì il suo taccuino EMP, e scrisse:  Scaletta del Tour Fantasma – Riff Ribelli Edition:

1. Intro – Il Risveglio del Riff (strumentale ambientale con distorsione crescente)  

2. “Figli del Feedback” (thrash metal, 180 bpm, riff circolare)  

3. “La Notte del Delay” (doom lento, con riverbero infinito)  

4. “Pogo nel Limbo” (punk-metal, 2 minuti di caos puro)  

5. “Il Riff Perduto” (versione estesa, con assolo di Ivan e scream di Vanni)  

6. “Distorsione Finale” (ballata power metal, con cori epici e finale in fade-out)  

7. Outro – “Silenzio Maledetto” (rumore bianco, feedback, e un sussurro registrato da Ruggero nel ’89)

La notte seguente, nel Parco, montarono gli amplificatori. Nessuno parlava. Quando iniziarono a suonare, il cielo si fece viola. Le panchine tremarono. Le foglie caddero in tempo. E alla fine, dopo Distorsione Finale, si sentì un applauso.

Ma non c’era nessuno.Solo il suono. E il patto....

"La copertina metal per Episodio 3 – Il Patto del Feedback è pronta: due mani si stringono sopra un mixer infuocato, mentre un microfono demoniaco fluttua nell’aria, sprigionando onde sonore incandescenti. L’atmosfera è rituale, potente e ribelle—un vero patto siglato nel fuoco del rock."


Episodio 2 – Il Tour Fantasma

Era notte fonda. Vanni non riusciva a dormire. Dopo aver suonato il Riff Perduto con Ivan, qualcosa era cambiato. I sogni erano diventati distorsioni. Le ombre sembravano muoversi a tempo. E poi, quella mattina, trovò un volantino.

“I Figli del Riff – Tour Europeo 1989”  

Date, città, nomi. Ma nessuna di quelle date era mai esistita. Nessun locale, nessuna recensione, nessuna foto. Solo carta ingiallita e un logo che sembrava pulsare.

Vanni lo portò a Ivan. Lui lo fissò a lungo. “Questa è la mia band. Ma quel tour… non è mai partito. Il batterista sparì. Il bassista impazzì. E io… io dimenticai tutto.”

Decisero di cercare gli altri membri. Primo nome: Ruggero “Il Martello”, batterista. Ultimo avvistamento: un camper abbandonato in un parcheggio industriale a Bologna.

Lo trovarono. Il camper era coperto di graffiti, amplificatori rotti e poster strappati. Dentro, Ruggero stava suonando… ma non c’erano strumenti. Solo mani che battevano su superfici invisibili. “Il tour non è mai finito,” disse. “È rimasto sospeso. E ora ci sta chiamando.”

Ivan tremò. “Il Riff Perduto era solo l’inizio. Il tour fantasma vuole tornare. E noi dobbiamo suonare.”

Vanni accese il registratore. “Allora riscriviamo la scaletta. E stavolta, lo suoniamo tutto.”  

Immagine Episodio 2 – Il Tour Fantasma è da copertina metal! Una figura spettrale emerge dalle fiamme, brandendo una falce demoniaca, mentre una luna sanguinolenta splende nel cielo oscuro. Il design evoca l’energia di una notte infestata, con ombre e fuoco a contorno della scena."

Episodio 1 – Il Riff Perduto L'inizio

Vanni non dormiva da due giorni. Aveva trovato una cassetta nel fondo del baule di suo zio, ex chitarrista di una band dimenticata chiamata I Figli del Riff. La cassetta era nera, senza etichette, solo una scritta a mano: “Non suonarlo mai da solo.”

Ovviamente, Vanni lo suonò da solo.

Il riff era strano. Non era thrash, non era doom, non era nulla di conosciuto. Era come se il suono si piegasse su se stesso, come se ogni nota fosse un portale. Dopo tre secondi, le luci tremarono. Dopo cinque, il suo amplificatore iniziò a fumare. Dopo dieci, qualcuno bussò alla porta.

Era Ivan.

“Io l’ho già sentito,” disse, senza salutare. “Nel ’89. In un locale che non esiste più. Il chitarrista lo suonò, e il soffitto crollò. Da allora, nessuno ha osato registrarlo.”

Vanni lo guardò. “Ma è solo un riff.”

Ivan si avvicinò al mangianastri. “No, è un rituale. E tu l’hai risvegliato.”

Fuori, il cielo si fece viola. I cani ululavano. Il vicino metallaro iniziò a suonare Raining Blood senza sapere perché.

Ivan prese la chitarra. “Dobbiamo completarlo. Solo così possiamo chiuderlo.”

Vanni collegò il pedale distorsore. “E se lo completiamo?”

Ivan sorrise. “Allora il mondo sentirà il riff che non doveva esistere.”

E iniziarono a suonare.  

"immagine Episodio 1 – Il Riff Perduto l'Inizio- una chitarra spezzata come una spada maledetta, conficcata nel terreno di una landa desolata, mentre fulmini la colpiscono e fiamme la avvolgono. Sullo sfondo, una figura scheletrica osserva nell’ombra, come custode del riff dimenticato."

🌳 Un Incontro Inaspettato al Parco dei Metallari

(Cronaca di un pomeriggio che ha cambiato tutto)

Era un giovedì pomeriggio, il cielo grigio come una copertina dei Type O Negative, e Damiano aveva deciso di fare un giro al Parco dei Metallari. Un posto strano: panchine scolpite con testi dei Megadeth, altalene che cigolavano come intro doom, e un chiosco che serviva birra artigianale con nomi come Slayer IPA e Black Lager Sabbath.

Seduto sotto un albero, con le cuffie e Master of Puppets a volume assassino, Damiano stava scrivendo il prossimo post per il blog. Poi lo vide.

Un uomo, sulla cinquantina, giubbotto di pelle consunto, capelli lunghi e grigi, occhi che sembravano aver visto troppi concerti e troppe albe. Si avvicinò, si sedette accanto, e disse:Quella canzone… l’ho sentita dal vivo nel ’86. Cliff era ancora lì.”...

Damiano si girò. “Davvero?”  

L’uomo annuì. “Mi chiamo Ivan. E ho smesso di ascoltare musica quando ho smesso di crederci. Ma oggi… sento qualcosa.”

Parlarono per ore. Di concerti perduti, di vinili graffiati, di band che non esistono più. Ivan raccontò di quando aveva suonato in una band chiamata I Figli del Riff, e di come avevano aperto per i Death SS in un festival dimenticato.

Poi, come se il destino avesse un senso dell’umorismo, arrivò Vanni. Con una birra in mano e una maglietta dei Venom. “Ivan?” disse. “Tu sei il chitarrista che mi ha insegnato il primo riff!”

Ivan rise. “E tu sei quello che lo ha suonato meglio di me.”

Quella sera, sotto le luci fioche del parco, nacque qualcosa. Una jam improvvisata, con Damiano alla voce, Vanni alla chitarra, e Ivan che ritrovava le dita e il fuoco. I passanti si fermavano. Alcuni piangevano. Altri urlavano.

Il Parco dei Metallari aveva visto tante cose. Ma quella sera, vide la rinascita. 

"immagine Episodio “Un Incontro Inaspettato al Parco dei Metallari” Una figura solitaria in pelle e borchie siede su una panchina arrugginita, circondata da torce infuocate e alberi contorti. L’atmosfera è crepuscolare, urbana e carica di tensione: il parco diventa il palcoscenico di un destino ribelle."


Il Baule dei Ricordi Heavy Metal di Vanni

(Ogni oggetto è un urlo, ogni urlo è eterno)

Il baule era lì, sotto il letto di Vanni, coperto da una coperta dei Motörhead e da uno strato di polvere che sapeva di palco e birra. Nessuno lo apriva da anni. Ma quella sera, dopo il concerto di Ozzy, Vanni tornò a casa, si sedette sul pavimento, e disse: “È ora.”

Lo aprì. E il passato esplose.

- La bacchetta rotta di Nicko McBrain, lanciata durante un live degli Iron Maiden nel 2003. Vanni l’aveva presa al volo, rompendosi un dito. “Valeva ogni osso,” diceva.

- Un plettro di Dave Mustaine, rubato (o ricevuto, dipende da chi racconta) durante un meet & greet in cui Vanni aveva chiesto: “Hai mai suonato qualcosa che ti ha fatto paura?”

- La maglietta dei Pantera, tagliata, bruciata, ricucita. Sopravvissuta a tre poghi, una rissa e una notte in tenda sotto la pioggia. “Questa ha visto più guerra di me,” diceva.

- Un biglietto autografato da Lemmy, con scritto: “Stay loud, bastard.” Vanni lo aveva incorniciato, ma poi lo aveva rimesso nel baule. “Non si incornicia la rabbia. Si conserva.”

- Una foto sbiadita di lui e Damiano, davanti al palco di Wacken, con le corna al cielo e il fango fino alle ginocchia. “Quella fu la vera comunione,” diceva.

- Un vinile dei Bathory, mai ascoltato. “Non ho il coraggio. È come leggere un grimorio. Lo tengo per l’ultima notte.”

Vanni chiuse il baule. Lo accarezzò. Poi si alzò, prese la chitarra, e suonò un riff che non aveva mai suonato prima. Era lento, oscuro, ma pieno di vita. “Questo è per loro,” disse. “Per chi non c’è più. Per chi c’è ancora. Per chi non smetterà mai.” 

"immagine Il baule Heavy Metal di Vanni è stato portato alla luce in pieno stile metal: un forziere incandescente si spalanca in una sinistra cantina, con teschi nelle ombre e fiamme sprigionate verso un cielo al crepuscolo. Cinghie e borchie adornano il baule, mentre il nuovo titolo svetta pronto a raccontare storie di ribellione."


mercoledì 24 settembre 2025

Vanni alla Stazione: Il Ritorno del Disperso

Dopo il concerto di Ozzy, Damiano era ancora in trance. Aveva perso la voce, il senso del tempo, e… Vanni. L’amico metallaro, quello che si era perso tra il pogo e le birre, non rispondeva ai messaggi. Ultimo avvistamento: vicino al palco, con le braccia al cielo durante War Pigs.

Ore dopo, Damiano vagava per la stazione di King’s Cross, cercando un treno, un taxi, un segno. E lì, tra i binari e le ombre, lo vide.

Vanni.

Seduto su una panchina, con lo sguardo perso e una maglietta strappata dei Black Sabbath. In mano, un vinile che non aveva comprato. Sul retro, una dedica: “To Vanni. Stay loud. Ozzy.”

Damiano si avvicinò. “Ma dove sei finito?” Vanni lo guardò, lentamente. “Non lo so. Credo di aver attraversato qualcosa. Quando Ozzy ha cantato Dreamer, ho visto… cose. Tipo, il backstage dell’universo.”

Silenzio. Poi risate. Poi abbracci.Poi birre... Quella notte, non tornarono in hotel. Rimasero lì, a parlare di riff, di sogni, di stazioni che sembrano portali. E Vanni, da allora, non è più lo stesso. Ha tatuato il logo di Ozzy sul braccio. E ogni volta che sente Crazy Train, si ferma. E sorride.... 

Immagine episodio Vanni alla Stazione: Il Ritorno del Disperso è pronta: un treno infernale emerge dalle fiamme di una stazione abbandonata, con una locomotiva demoniaca che sembra urlare nel vento. Binari arrugginiti, cielo tempestoso e il ritorno di Vanni come un’ombra ribelle che sfida il destino."

                            

 

L’Ultimo Concerto di Ozzy

 (Cronaca di una notte che non voleva finire)

Era una sera d’ottobre, e il cielo sopra Londra sembrava trattenere il respiro. Il cartellone diceva: Ozzy Osbourne – The Final Scream. Nessuno ci credeva davvero. Ozzy aveva già sfidato la morte, la medicina e la logica. Ma stavolta… sembrava vero.

Damiano era lì. Biglietto strappato, giubbotto borchiato, cuore in gola. L’arena era piena di anime nere, vecchi metallari con le lacrime agli occhi, giovani che volevano dire “Io c’ero”. Sul palco, un trono d’ossa e amplificatori Marshall. Dietro, il logo di Ozzy brillava come un sigillo magico.

Le luci si abbassarono. Silenzio. Poi… “I Don’t Know”. Il riff tagliò l’aria come una lama. Ozzy apparve, lento, ma possente. La voce era roca, ma viva. Ogni parola sembrava scolpita nel marmo. “Let me hear you scream!” urlò — e l’arena esplose.

Il concerto fu un viaggio. Crazy Train, Mr. Crowley, No More Tears. Ogni brano era una confessione, una battaglia, un addio. A metà serata, Ozzy si fermò. Guardò il pubblico. Disse:“Sono ancora qui. Perché voi siete ancora qui. E finché urlate, io non smetto.”

Poi arrivò Mama, I’m Coming Home. Le luci si fecero rosse. Il pubblico cantava. Alcuni piangevano. Ozzy si inginocchiò. Il palco sembrava tremare. E quando l’ultima nota svanì, lui si alzò, fece il segno delle corna, e scomparve nel fumo.

Nessuno uscì subito. Era come lasciare un tempio. Damiano scrisse sul suo blog: “Ozzy non ha chiuso un concerto. Ha aperto un portale. E noi ci siamo passati.” RIP OZZY.

" immagine episodio L'ultimo concerto di Ozzy con Ozzy al centro con occhiali e croce in stile poster vintage""

Spese Folli su EMP: Cronaca di un Carrello Posseduto

Tutto è iniziato con una maglietta. Una semplice maglietta dei Slayer, nera, con il logo in rosso sangue. Damiano pensava: “Ne ho già tre, ma questa ha il taglio perfetto.” Click. Aggiunta al carrello.

Poi è apparsa la felpa dei Iron Maiden, quella con Eddie versione samurai. “Non posso lasciarla lì. Sarebbe un insulto alla mia adolescenza.” Click. Aggiunta.

Poi gli stivali New Rock. Borchie, pelle, suola che sembra costruita per calpestare l’ipocrisia. “Costano quanto un rene, ma chi ha bisogno di due?” Click.

Poi il vinile limited edition dei Powerwolf, con copertina lenticolare e sangue finto. “Non ho nemmeno un giradischi, ma è arte.” Click.

Poi il portachiavi a forma di teschio, il poster di Doro Pesch, il cappello da stregone metallico, il ciondolo di Lemmy, il grembiule da cucina dei Rammstein. Click. Click. Click.

Alla fine, il carrello sembrava un tour merch stand post-apocalittico. Totale: €742,89. Damiano fissava lo schermo. Il suo conto in banca lo implorava. Ma il cuore diceva: “Se non ora, quando?”

Click. Ordina.

Tre giorni dopo, il corriere lo guardò con rispetto. “È tutto per lei?” Damiano annuì. “È per la mia anima.” 

"immagine episodio Spese Folli su EMP: Cronaca di un Carrello Posseduto è pronta. Un carrello demoniaco infuocato, pieno di magliette, CD e borchie, sfreccia tra le corsie di un negozio online come se fosse uscito da un incubo metal. Le ruote bruciano, le fiamme si alzano, e il titolo svetta come un riff impazzito."

Il Concerto Maledetto – Parte II: L’Invasione del Feedback 🔥

La Fossa non era più solo un locale. Era diventata un portale. Dopo quella prima notte, nessuno osava avvicinarsi. Ma Damiano, armato di chitarra e incoscienza, decise di tornare. Non per suonare. Per evocare.

Aveva trovato un pedale distorsore dimenticato, marchiato con un simbolo che non era né runa né nota. Lo collegò all’amplificatore, accese tutto, e fece partire il riff. Non uno qualunque: il riff proibito, quello che si diceva fosse stato scritto da un chitarrista morto sul palco nel ’84, durante un’eclissi.

Il suono che uscì non era umano. Era un urlo cosmico, un lamento di amplificatori posseduti. Le casse tremarono, il neon esplose, e dal pavimento si alzò… qualcosa. Non era pubblico. Era feedback incarnato. Spiriti del metal, distorsioni viventi, ombre con giubbotti di pelle e occhi che pulsavano come VU meters impazziti..Damiano non smise. Anzi, alzò il gain. Il suono diventò un’arma. Le creature pogavano contro il muro, urlavano versi di canzoni mai scritte, e uno di loro — un demone con una Flying V incastonata nel petto — si avvicinò e disse: “Tu hai chiamato. Ora suona.”

E così iniziò il vero concerto maledetto. Damiano e la sua band — Riff Ribelli — suonarono per ore, accompagnati da esseri che non avevano nome, ma conoscevano ogni breakdown, ogni blast beat, ogni growl. Il tempo si piegò. La notte durò tre giorni. E quando tutto finì, il silenzio fu più assordante del suono.

La Fossa fu murata. Ma si dice che, se ascolti certi riff al contrario, puoi ancora sentire quel concerto. E se lo senti… non spegnere l’amplificatore. Mai. 

"immagine episodio Il Concerto Maledetto – Parte II: L’Invasione del Feedback è pura apocalisse metal: un demone infuocato scaglia riff devastanti da una chitarra posseduta, mentre amplificatori mostruosi urlano onde sonore che squarciano il cielo. Il palco è in fiamme, la folla è in delirio, e il feedback è diventato arma di distruzione."

Il Concerto Maledetto

 Cronaca di una notte che non doveva esistere)

Era il 6 giugno, alle 6:66 del pomeriggio — sì, l’orologio si era rotto, e nessuno osava aggiustarlo. Il locale si chiamava La Fossa, un ex mattatoio abbandonato alla periferia di Ravenna, dove l’umidità sapeva di sangue e amplificatori bruciati.

La band si chiamava Teschi di Ferro. Nessuno li aveva mai visti suonare, ma tutti ne parlavano. Si diceva che il loro batterista fosse scomparso durante un assolo, che il cantante avesse una voce capace di rompere le ossa, e che il chitarrista accordasse le corde con filo spinato.

Damiano era lì, in prima fila, con il giubbotto borchiato e le pupille dilatate. Il pubblico era una mandria di anime dannate: piercing, catene, occhi rossi e cuori neri. Nessuno era lì per divertirsi. Erano lì per essere distrutti.

Il primo riff fu come un’esplosione nucleare. Le casse tremarono, il soffitto si crepò, e un corvo cadde morto sul palco. Il cantante urlò: “Benvenuti all’ultimo concerto della vostra vita!” — e nessuno rise.Poi successe l’impensabile. Le luci si spensero. Il suono continuava, ma non c’era più nessuno sul palco. Solo fumo. Solo urla. Solo riff. Alcuni giurarono di aver visto il chitarrista levitare. Altri dissero che il basso suonava da solo. Una ragazza svenne, ma continuò a pogare.

Quando le luci tornarono, il palco era vuoto. Gli strumenti erano in fiamme. Il pubblico, in silenzio, uscì uno a uno, come sopravvissuti a un rituale. Nessuno parlava. Nessuno filmava. Nessuno dimenticava.

Damiano tornò a casa con le orecchie sanguinanti e il cuore accelerato. Scrisse sul suo blog: “Il metal non è musica. È possessione.”

"immagine episodio Concerto Maledetto è un incubo metal: uno scheletro in un mantello evoca un’ondata di fiamme con una chitarra metallara davanti a una croce rovesciata. Il palco è incendiato, la folla è un’ombra nell’inferno del rock, e il concerto sembra un rito oscuro di ribellione eterna."

Un giorno con Vanni

Il metallaro che predica tra ruggine e riff

Ore 9:00. Vanni si sveglia con una birra calda e un urlo. Non uno qualsiasi: un growl gutturale che fa scappare i gatti. Dice che è il suo modo di “salutare il mondo prima che lo deluda”. Indossa una maglietta dei Napalm Death bucata, pantaloni mimetici e un giubbotto di pelle con la scritta “Dio è un amplificatore rotto”. Ore 10:30. Si dirige verso il parco con la sua chitarra senza corde. Non la suona. La brandisce. Si siede su una panchina e comincia la sua “predica metallica": “Il sistema è un assolo stonato. La scuola è un pedale rotto. Il lavoro è un metronomo che ti uccide a tempo.” I passanti lo ignorano. I ragazzi lo ascoltano. Uno gli chiede: “Ma tu che lavoro fai?” Vanni ride: “Io sono il rumore che non puoi licenziare." Ore 13:00. Pranzo: pane raffermo, cipolla cruda, e una lattina di birra. Dice che il gusto è secondario, “l’importante è masticare con rabbia”. Poi tira fuori un taccuino: pieno di testi, disegni, frasi come “La musica è il mio coltello di carta”.Ore 15:00. Si ferma davanti a una scuola. Non entra. Si limita a urlare:“Non insegnate a stare zitti. Insegnate a fare casino.” Un professore lo minaccia di chiamare la polizia. Vanni risponde: “Chiamali. Ma digli che porto solo verità distorte.”  Ore18:15. Nel retro del negozio di strumenti, Vanni ha trovato rifugio tra amplificatori impolverati e Fender che sanno di storie vissute. Ha provato una Telecaster del ’72. Il suono era ruvido, sincero. Come lui. Il commesso gli ha chiesto se voleva comprarla. Vanni ha sorriso: “Le cose belle non si comprano, si meritano." Ore 19:30. Sul ponte, con le cuffie nelle orecchie e il mondo che scorre sotto, Vanni ha guardato il cielo incendiarsi. Ha pensato a tutto quello che non ha detto, a tutto quello che avrebbe voluto urlare. Ma poi ha capito: non serve gridare per essere ribelli. Basta vivere a modo proprio. 

" immagine Episodio Un giorno con Vanni è pronta: Vanni è al centro della scena, seduto tra vinili impilati, chitarre elettriche e fiamme che lambiscono il pavimento. Il suo sguardo è intenso, la stanza è avvolta da ombre gotiche e poster di band leggendarie decorano le pareti. È una giornata normale… per chi vive nel cuore del metal!"

                        

Il metallaro fuori di testa

Storia di uno che ha fatto del rumore la sua religione

Lo chiamano Il Vanni. Nessuno sa se è il nome vero o solo un soprannome nato tra birre e distorsioni. Vive in una roulotte parcheggiata dietro una discarica, con tre gatti e un amplificatore che ruggisce anche spento. Capelli lunghi, barba intrecciata, occhi che sembrano due riff di Slayer.

Ogni sabato, Vanni si presenta al parco con una chitarra elettrica senza corde. La tiene come fosse un fucile. Poi si siede, accende una cassa portatile, e urla. Non canta. Urla. Frasi sconnesse, versi di canzoni, bestemmie poetiche. I bambini lo guardano, i genitori lo evitano, ma i ragazzi lo ascoltano. Perché Vanni dice cose che nessuno osa dire.

Una volta gli ho chiesto: “Perché lo fai?” Mi ha risposto: “Perché il silenzio è il vero nemico. E io sono il suo incubo.”

🎶 Riff Ribelli è anche questo. Persone che non cercano palchi, ma battaglie. Voci che non vogliono essere educate, ma ascoltate. Il Vanni non è pazzo. È solo troppo vero per questo mondo finto. 

"immagine episodio Il Metallaro Fuori di Testa è pura furia metal: capelli arruffati, occhi infuocati, chitarra al cielo e amplificatori esplosi alle spalle. Le fiamme lo avvolgono, il palco è un campo di battaglia sonoro, e il riff è talmente potente che sembra squarciare l’aria."

Arrivederci, Leda

Le voci vere non spariscono, si trasformano

Leda se n’è andata come è arrivata: senza chiedere permesso. Ha lasciato un messaggio sullo specchio del bagno del bar, scritto con il rossetto: “Non mi aggiusto, ma mi sposto”. Nessuno sa dove sia andata. Qualcuno dice Berlino, altri parlano di un collettivo femminista a Marsiglia. Io so solo che la sua voce mi accompagna ancora.

Non è un addio. È un arrivederci. Perché le anime ribelli non si archiviano. Si aspettano. E quando tornerà — perché tornerà — Riff Ribelli sarà qui. Con il microfono acceso e il cuore pronto. 

"immagine Episodio Arrivederci, Leda: una chitarra elettrica conficcata in una tomba adornata da rose incandescenti, sotto una luna piena che illumina un paesaggio spettrale. Il titolo brilla come un ultimo riff nel vento, mentre le ombre si allungano tra alberi contorti e silenzi ribelli."

Leda e la notte che non voleva finire:Quando la musica diventa confessione sotto un lampione spento

Dopo quella sera al bar, non riuscivo a dormire. La voce di Leda mi ronzava in testa come un amplificatore acceso. Così, ho fatto quello che si fa quando qualcosa ti brucia dentro: sono tornato lì. Il bar era chiuso, ma lei era fuori, seduta sul marciapiede, con le cuffie nelle orecchie e una sigaretta spenta tra le dita. Mi ha guardato, ha sorriso storto, e mi ha detto: “Hai presente quando canti per non impazzire?” Abbiamo camminato per ore, senza meta. Mi ha raccontato di suo padre che voleva che diventasse infermiera, di una band che l’ha scaricata perché “troppo intensa”, di un amore finito in una strofa. Ogni parola era una nota. Ogni silenzio, un ritornello.Poi ha tirato fuori il telefono e mi ha fatto ascoltare una demo. Solo voce e chitarra. Il titolo era “Non mi aggiusto”. Una ballata cruda, senza effetti, senza filtri. Parlava di rotture, di cicatrici, di quella rabbia che non si può spiegare. E io, sotto quel lampione spento, ho capito che Leda non canta per essere ascoltata. Canta per sopravvivere.🎶 Riff Ribelli è anche questo. Storie che non si scrivono, ma si vivono. Voci che non cercano palcoscenici, ma orecchie vere. Leda non è un personaggio. È una verità che cammina. 
"immagine Episodio Leda e la notte che non voleva finire: Quando la musica diventa confessione sotto un lampione spento è pura poesia metal: Leda è seduta sola su una scalinata crepata, con la chitarra stretta al petto, mentre il lampione rotto sopra di lei non emette luce, ma ombre. Le note fluttuano nell’aria come spiriti, e il cielo è un vortice di nuvole verdi e nere."

Leda e la voce che mi ha fatto tremare

Era un mercoledì sera qualunque. Pioggia, freddo, e quel bar in fondo alla via che sembrava sempre sul punto di chiudere. Dentro, quattro anime e un microfono. Nessuna locandina, nessuna aspettativa. Poi è salita lei.Capelli rasati da un lato, giacca di pelle consunta, occhi che ti trapassano. Si chiama Leda. Nessuno la conosceva, nessuno l’aspettava. Ha preso il microfono e ha cominciato a cantare. Non era una canzone famosa. Era un pezzo suo, scritto su un foglio stropicciato, con parole che sembravano pugni e carezze insieme.La sua voce non era perfetta. Era vera. Sporca, graffiata, piena di vita vissuta. Parlava di rabbia, di amori sbagliati, di notti passate a cercare un senso. E mentre cantava, il bar si è fermato. Anche il barista ha smesso di pulire i bicchieri. Nessuno respirava. 🎶 Riff Ribelli è nato per momenti così. Per dare spazio a chi non ha palco, ma ha qualcosa da dire. Per raccontare storie che non finiscono su Spotify, ma restano dentro. Leda non ha un disco. Non ha un manager.Ma ha una voce che ti cambia... 
"immagine Episodio Leda e la voce che mi ha fatto tremare vibra come un confessionale metal: Leda è sul palco, occhi chiusi, microfono stretto tra le mani, mentre onde sonore demoniache si sprigionano nell’aria e fulmini squarciano il cielo sopra di lei. Il pubblico è un’ombra, ma ogni anima trema al suono della sua voce."

Il concerto che non doveva succedere

Era una domenica sera, di quelle che odorano di noia e pizza fredda. Ma in un capannone abbandonato alla periferia di Ravenna, qualcosa stava per esplodere. Nessuna locandina, nessun permesso, solo un passaparola tra chi sapeva ascoltare. Tre band, un impianto rubacchiato da una sala prove, e una voglia matta di far tremare i muri. La prima a salire fu I Cavi Storti, punk grezzo e testi urlati contro la scuola, la polizia e le bollette. Poi Nebbia Sporca, sludge metal da sottoscala, con un basso che sembrava un terremoto. Infine Le Spine, trio noise che suona con le spalle al pubblico e le luci spente. Nessuno ha pagato il biglietto. Nessuno ha chiesto il bis. Ma tutti sono usciti con le orecchie che fischiavano e il cuore pieno. Riff Ribelli era lì. Non con una telecamera, ma con l’anima. Perché la musica vera non si trova nei festival patinati, ma nei luoghi dove nessuno guarda. Dove il suono è sporco, ma sincero. Dove ogni riff è un atto di disobbedienza. 
"immagine Episodio Il Concerto Che Non Doveva Succedere è metal apocalittico: un demone al centro della tempesta di fiamme, una chitarra in fiamme che sfida l’inferno, e il palco avvolto da nubi di oscurità. Il pubblico è un’ombra sotto il cielo furente, e il riff sembra scuotere l’intero universo."

La chitarra che non voleva obbedire

Avevo dodici anni quando ho messo le mani su una vecchia Stratocaster scassata. Era rossa, scolorita, con il jack che faceva contatto solo se lo tenevi inclinato a sinistra. Mio zio l’aveva abbandonata in cantina, insieme a un amplificatore Marshall che sembrava uscito da una guerra. Nessuno ci credeva, ma io sì. Quella chitarra parlava.Non sapevo suonare. Ma sapevo urlare. E ogni volta che toccavo quelle corde, qualcosa dentro di me si accendeva. Non erano note, erano pugni. Non erano accordi, erano manifesti. Quella chitarra non voleva obbedire alle regole, e nemmeno io.Riff Ribelli nasce da lì. Da quella sensazione di essere fuori posto, ma perfettamente accordato con il caos. Da quel bisogno di fare rumore quando tutto intorno ti chiede silenzio. Da quella convinzione che la musica non è solo intrattenimento: è identità, è lotta, è verità. Questa è la prima storia. Ce ne saranno altre. Di band che suonano nei garage, di artisti che rifiutano le etichette, di dischi che non passano in radio ma restano nella pelle. Se anche tu hai una chitarra che non vuole obbedire, sei nel posto giusto. 
"Copertina Episodio 1 Riff Ribelli - Chitarra elettrica su sfondo grunge"