Il teatro sotto Piccadilly era silenzioso. Ivan e Vanni erano lì, ancora scossi dal rituale con Brian May e Mitch. Il Riff sembrava quieto, ma non spento. Vibrava sotto terra, come se aspettasse qualcosa. O qualcuno.
Alle 17:00, la porta si aprì. Uno alla volta, entrarono.
Fabio, detto Jps, con la maglietta degli Helloween e le bacchette consumate.
Puppy, chitarrista ritmico, con la maglietta dei Blind Guardian e lo sguardo di chi ha visto troppi palchi.
Willo, detto Loko, voce storica, con la maglietta dei Primal Fear e il microfono tatuato sul braccio.
Fede, detto Cigoi, basso e chitarra, con la maglietta degli Iron Maiden e un basso che sembrava un’arma.
Kaio, il meno, basso pulsante, con la maglietta dei NOFX e le dita pronte a colpire.
Tomé, batteria, con la maglietta dei Manowar e il passo da guerriero.
Andrea, detto Franz, batteria, con la maglietta dei Labyrinth e il tempo nel sangue.
Il Take, il supporter di tutti, con la maglietta dei Metallica e il cuore pieno di riff.
E infine tu, Damiano, detto Coroner, chitarra solista, con la maglietta dei Motörhead e il plettro che non ha mai smesso di vibrare.
Non era una reunion.
Era un richiamo.
Il Riff li aveva chiamati.
E loro avevano risposto.
Nessuno parlò.
Solo strumenti accordati.
Solo sguardi.
Solo Frequenza.
Quando suonarono, il teatro si trasformò.
Le pareti si aprirono.
Il suono uscì.
Non come musica.
Come memoria.
I Black Zone erano tornati.
Non per nostalgia.
Ma per completare il cerchio.
“Il Riff non dimentica. E chi lo ha suonato… lo suonerà ancora.”

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