Dopo la sessione con i Metallica, Ivan e Vanni erano cambiati. Il suono li aveva attraversati. Il vinile maledetto era svanito, ma The Awakening era rimasto. Una traccia che nessuno riusciva a suonare. Troppo veloce. Troppo profonda. Troppo… viva.
James Hetfield li guardò. “Serve qualcuno che non abbia paura. Qualcuno che non sia del tutto umano.”
Fu allora che arrivò Kron, il batterista misterioso. Nessuno lo aveva chiamato. Nessuno lo aveva visto entrare. Ma era lì, con un set di doppia cassa cromata e occhi che sembravano fatti di tungsteno.
“Ho sentito il Riff,” disse. “E il Riff mi ha scelto.”
Ivan lo fissò. “Chi sei?”
Kron sorrise. “Sono il battito che non si ferma. Il tempo che non perdona. Il cuore d’acciaio.”
Vanni gli porse le bacchette. Kron le rifiutò. “Le mie mani bastano.”
Iniziarono a suonare The Awakening. E qualcosa cambiò.
Il suono non era più solo musica. Era struttura. Era architettura. Le pareti dello studio si piegavano. Le luci si sincronizzavano. Il mondo sembrava respirare a tempo.
Alla fine, Hetfield si alzò. “Questa non è una canzone. È un rituale. E voi… siete la band che lo porterà in tour.”
Ivan, Vanni e Kron si guardarono. Nessuno parlò. Ma tutti capirono. Era iniziato.

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