La Fossa non era più solo un locale. Era diventata un portale. Dopo quella prima notte, nessuno osava avvicinarsi. Ma Damiano, armato di chitarra e incoscienza, decise di tornare. Non per suonare. Per evocare.
Aveva trovato un pedale distorsore dimenticato, marchiato con un simbolo che non era né runa né nota. Lo collegò all’amplificatore, accese tutto, e fece partire il riff. Non uno qualunque: il riff proibito, quello che si diceva fosse stato scritto da un chitarrista morto sul palco nel ’84, durante un’eclissi.
Il suono che uscì non era umano. Era un urlo cosmico, un lamento di amplificatori posseduti. Le casse tremarono, il neon esplose, e dal pavimento si alzò… qualcosa. Non era pubblico. Era feedback incarnato. Spiriti del metal, distorsioni viventi, ombre con giubbotti di pelle e occhi che pulsavano come VU meters impazziti..Damiano non smise. Anzi, alzò il gain. Il suono diventò un’arma. Le creature pogavano contro il muro, urlavano versi di canzoni mai scritte, e uno di loro — un demone con una Flying V incastonata nel petto — si avvicinò e disse: “Tu hai chiamato. Ora suona.”
E così iniziò il vero concerto maledetto. Damiano e la sua band — Riff Ribelli — suonarono per ore, accompagnati da esseri che non avevano nome, ma conoscevano ogni breakdown, ogni blast beat, ogni growl. Il tempo si piegò. La notte durò tre giorni. E quando tutto finì, il silenzio fu più assordante del suono.
La Fossa fu murata. Ma si dice che, se ascolti certi riff al contrario, puoi ancora sentire quel concerto. E se lo senti… non spegnere l’amplificatore. Mai.

Nessun commento:
Posta un commento