Non c’era più rumore.
Solo memoria.
Damiano si svegliò in una stanza che non riconosceva.
Le pareti erano tappezzate di vecchie locandine, spartiti ingialliti, fotografie di concerti che non aveva mai suonato.
Eppure… c’era lui.
In ogni immagine.
Sul tavolo, una cassetta.
Etichetta scritta a mano: “Take 0 – Prima Frequenza”.
La inserì nel registratore.
Play.
Silenzio.
Poi, un suono.
Non un riff.
Un respiro.
Era il momento in cui il Riff era nato.
Non da corde.
Da vita.
Ogni nota che ascoltava gli mostrava un frammento:
– Ivan che accordava nel buio
– Mitch che suonava con le mani insanguinate
– Vanni che batteva il tempo su una porta chiusa
– Puppy che urlava nel microfono spento
– Willo che scriveva testi su muri di cemento
Il Riff non era solo suono.
Era ricordo condiviso.
Era trauma. Era rinascita.
Alla fine della cassetta, una voce:
“Se lo dimentichi, lo perdi.
Se lo ricordi, lo proteggi.
Se lo suoni… lo liberi.”
Damiano si alzò. La stanza era sparita.
Ma il Riff… era con lui. Nel momento in cui Damiano uscì dalla stanza del Ricordo, il cielo era grigio.
Non pioveva.
Ma sembrava che il mondo trattenesse il fiato.
Fu allora che lo vide.
In piedi, davanti al teatro abbandonato.
Grande, imponente, capelli lunghi che ondeggiavano come corde di basso.
Una spada sulla schiena, lunga quanto un amplificatore Marshall.
Ma non era solo forza. Era voce.
Lorenzo, il Cavaliere dalla Lunga Spada.
Lo chiamavano l’Angelo Poeta.
Perché ogni colpo che dava… era una strofa.
Ogni passo… un verso.
Ogni silenzio… una rima.
“Il Riff non si combatte,” disse.
“Si custodisce.
E quando il Ricordo vacilla,
la Spada deve cantare.”
Damiano lo seguì. Non per combattere.
Per ascoltare...

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